«Senza sentimento è impossibile fare questo lavoro. Senza sensibilità non si potrà mai arrivare ad essere un mercante di pietre preziose. Non ci sono tabelle, non ci sono indici prestabiliti, il mercante rischia in proprio. Questo gioco secolare di passare di mano le pietre più rare e preziose che la natura abbia mai concepito, non serve altro che a compiere la missione di coniugare il bello della terra con la creatività del genio umano».
Paolo Paolillo
“Nonno” Ciro Paolillo nasce nel lontano 1859, in riva al mare, in un’Italia in quel tempo ancora divisa in tanti stati diversi ma già meta favorita dei viaggiatori europei più facoltosi. Siamo a Torre del Greco, una vera e propria perla, amata da nobili e borghesi: la conformazione avvolgente del Golfo di Napoli e la collocazione centrale di questa piccola cittadina, sotto al manto delle pendici del Vesuvio, la connotano come una Venere botticelliana, lei si erge come una perla al centro della sua ostrica.
«Cosa ci può essere di più emozionante di una Pietra Preziosa, di un Rubino oppure di uno Smeraldo? Se lo sarà chiesto anche “nonno” Ciro quando, quasi due secoli addietro, pensò che i tempi erano maturi per decidere di intraprendere una professione per l’epoca nuova e affascinante, legata proprio al mondo dell’Alta Gioielleria». Paolo Paolillo
Il Miglio d’Oro è un tratto di strada rettilineo tra Ercolano e Torre del Greco, la cui lunghezza misurava esattamente un miglio secondo il sistema di unità di misura in uso nella prima metà del Settecento: un territorio condiviso da quattro comuni, sul quale insistono 122 Ville Vesuviane del XVIII Secolo, fra cui la Reggia, Palazzo d’Elboeuf, Villa Meola e Palazzo Ruffo di Bagnara a Portici, Villa Bisignano a Barra, Villa Bruno, Villa Vannucchi e Villa Pignatelli di Montecalvo a San Giorgio a Cremano, Villa Prota e Villa delle Ginestre a Torre del Greco. Tuttora possiamo scoprirvi le fastose dimore della Napoli più elegante, che amava trascorre le sue vacanze in questo paradiso marino. Anche lo stesso Re si trasferiva durante l’estate nel Palazzo Reale dell’attigua Portici.
Torre del Greco non era però solamente vacanze e sole, ma anche parte di un tessuto imprenditoriale forte e vitale, che fin dalla metà del XVII secolo vedeva nella pesca e nella lavorazione del corallo il motivo assoluto di maggior interesse. L’arte e l’inventiva dei torresi si esprimerà al meglio proprio con questo materiale vivo: a fondamento di tutto troviamo due elementi chiave: la bellezza e la capacità di pensare e realizzare oggetti unici.
È questo l’ambiente che “nonno” Ciro Paolillo frequenta assieme alla sua famiglia. È con il fratello Gaetano, nel 1880, che incentra qui l’attività di gioielleria ed argenteria. Ma è il corallo, materiale vivo e beneaugurante per eccellenza, reputato un talismano di felicità in tante culture diverse, che fa la differenza nella sua offerta.
Come un vero maestro d’arte, il capostipite non si limita a realizzare dei singoli gioielli, ma inventa intere parure coordinate per forma e colore, che subito ricevono il favore degli acquirenti e lo distinguono da tutta la concorrenza del tempo.
Arriviamo al 1917 quando i documenti ufficiali certificano il rinnovo della licenza per i «germani Ciro e Gaetano Paolillo»: germano, dall’etimologia di germen e quindi seme, indicava due persone nate dagli stessi genitori. Non è un caso, quindi, se la ditta assumerà il nome di Fratelli Paolillo.
La storia però incalza e durante la Seconda Guerra Mondiale decidono di fermare l’attività e mettere in salvo tutti i gioielli nel luogo che in tanti all’epoca reputavano Sacro, intoccabile e quindi sicuro: l’Abbazia di Montecassino. La scelta non si rivelò fortunata, perché lo storico edificio religioso venne raso al suolo da un bombardamento nel febbraio del 1944.
Nel frattempo, per la precisione nel 1918, era nato Carlo, ultimo di quattro fratelli. Sarà lui, insofferente rispetto ad un paese divenuto nel frattempo troppo piccolo per le ambizioni di un giovane che guardava avanti a decidere di abbandonare la terra natale. Il carattere di Carlo è forte: si laurea in Economia perché, spirito imprenditoriale indipendente, non è convinto di voler ripercorrere esattamente le esperienze professionali del padre.
Si sposta quindi a Roma, dove nel 1943 sposa Esperia Salvatori, nella chiesa di San Roberto Bellarmino, nel cuore del quartiere Parioli. L’anno successivo nasce la primogenita Anna Maria, alla quale seguono nel 1949 Ciro e nel 1956 Paolo.
Nella Capitale, in un contesto postbellico totalmente nuovo e con una grande volontà di rinascita, Carlo segue le sue aspirazioni. La sua ambizione, in realtà, è quella di fare il libero professionista. Va quindi a lavorare per uno degli allora più importanti immobiliaristi romani, dove svolge il ruolo di amministratore e segretario. Capisce però in tempi brevissimi che la sua storia imprenditoriale non può essere messa a tacere: abbandona il suo “posto fisso” e inizia a lavorare in proprio.
Con una moglie e una figlia da mantenere, decide di tornare dai suoi amici nella “sua” Torre del Greco e di farsi affidare da loro cammei e coralli, che avrebbe provveduto, con grande umiltà ma altrettanta concretezza, a rivendere ai clienti dei grandi alberghi della Capitale. Si trattava dei celebri “souvenirs d’Italie”, dove soprattutto il corallo la faceva da padrone assoluto. In pratica la storia di Carlo evidenzia una forte continuità familiare, piuttosto che aziendale, ma anche la capacità di reiventarsi intuendo le opportunità che in quel momento offriva il mercato.
«Mio padre Carlo – a parlare è sempre Paolo – era un uomo gentile, garbato, sorridente, molto legato alla famiglia, sia alla sua che a quella d’origine. Colto nelle materie che gli interessavano, molto esigente, principalmente con sé stesso nonché con gli altri».
Carlo con grande spirito di sacrificio inizia a viaggiare e quindi a tessere rapporti commerciali con produttori e compratori esteri. Inventa un sistema virtuoso di import-export dove il fornitore si trasforma in cliente e viceversa, coinvolgendo così produzioni diverse poste in luoghi lontani tra di loro: le marcassiti e filigrana nella Foresta Nera, le granate nell’allora Cecoslovacchia, le taglierie di pietre dure a Idar-Oberstein tra Francoforte e Lussemburgo e, infine, le pietre sintetiche in Svizzera. Tutto questo riguarda, però, ancora i primi anni di rinascita: è il periodo del cosiddetto “miracolo economico”, gli anni ’50 che Carlo, grazie alle sue capacità culturali e imprenditoriali, riesce a sfruttare al meglio. Nel 1951 con la moglie Esperia fondano la Dott. Carlo Paolillo & C.
La vera “svolta” sarà l’incontro con Shiro Otsuki, il più grande produttore di perle al mondo, avvenuto agli inizi degli anni ’50. Iniziano a tessere un forte legame commerciale ma soprattutto umano. Sarà questo il filo rosso che accompagnerà i due manager per tutta la loro vita lavorativa, trasformando la Dott. Carlo Paolillo & C. in una delle più importanti ditte italiane di importazione delle perle coltivate. Questa forza economica darà a Carlo la possibilità di espandere i confini anche alle pietre preziose.
Il lavoro incessante lo porta ad avere una competenza superiore alla media, che si tramuta in un grande successo: il “dott. Carlo Paolillo” viene riconosciuto e stimato tra in più importanti mercanti di quel periodo. Il suo ufficio di via della Scrofa 14, nel centro di Roma, diventò il punto di riferimento per gli orafi e i gioiellieri dell’epoca.
«Carlo era attratto dai colori – dice ancora Paolo Paolillo – ne percepiva il fascino e questo suo amore ha sviluppato la sensibilità nel valutare e riconoscere le pietre preziose. Al cliente non si deve mai mentire: devi avere la competenza per essere tu il primo garante di quello che stai vendendo.» Saranno proprio la correttezza e la competenza il segno distintivo che faranno di Carlo Paolillo uno dei leader indiscussi tra i “mercanti” di pietre italiani.
La terza generazione inizia con l’entrata di Ciro e subito dopo di Paolo. Inizia, quindi, l’importazione dei diamanti, cosa che Carlo aveva sempre rifiutato di fare, perché pensava che per aprire questo mercato c’era bisogno di menti forti e fresche: i figli, appunto che completano il ventaglio dell’offerta.
Il settore dei diamanti è solo apparentemente facile. Non è legato alla sensibilità nell’interpretare una pietra, ma dalla capacità di velocizzare il più possibile la vendita: l’azienda intuisce la necessità di creare e mettere a disposizione un vasto magazzino dando la possibilità ai clienti gioiellieri di non dover necessariamente appesantirsi con interi lotti di pietre ma di poter acquistare soltanto le gemme di cui necessitavano al momento. La forza è stata proprio mettere a disposizione un’offerta che partiva dalla pietra sintetica e arrivava fino al diamante di qualsiasi caratura e qualità. Il successo della Paolillo si basò su un’idea semplice ma efficace: avere la capacità di acquistare e quindi di offrire nello stesso momento, pietre preziose, diamanti, perle, corallo, finanche le pietre sintetiche. Semplice a dirsi, ma bisognava avere le spalle grosse per riuscire a garantirlo.
«Questa disponibilità a 360 gradi portò un grande sforzo organizzativo – a parlare è ancora una volta Paolo – un cambiamento epocale del sistema distributivo, aiutato dall’arrivo dall’informatizzazione, da me fortemente voluta e organizzata. Anche questo campo, quello della gestione computerizzata dei gestionali di distribuzione, ha visto la nostra società un passo avanti rispetto alla concorrenza.»
Nel 1995 Carlo Paolillo si ritira dall’azienda: Paolo ne assume il ruolo di Presidente del Consiglio di amministrazione. I due fratelli lavoreranno insieme fino al 2023 quando decideranno di scindere la dott. Carlo Paolillo & C. e di proseguire separatamente il loro cammino professionale, dando vita a due società unipersonali: la Paolo Paolillo srl e la Ciro Paolillo srl.
La competenza e il servizio hanno trasformato la Paolillo in una vera e propria “Company” organizzata e strutturata, ben lontana dall’azienda familiare di qualche decennio prima. Il lavoro di vendita è spianato da un altrettanto grande lavoro di acquisto, che rendeva indispensabile viaggiare praticamente in tutto il mondo.
Mentre Ciro si dedica all’acquisto dei diamanti tra le Borse di Tel Aviv e Anversa, Paolo segue le pietre preziose, le perle e il corallo. Nei viaggi con il padre, ne assimila man mano le competenze e la sensibilità: Thailandia e India per le prime, poi Giappone e Australia per le perle, infine Hong Kong per le pietre dure. Questi i luoghi che li vedono spesso presenti.
Il “sistema” funzionò così bene da far diventare la Paolillo l’azienda riconosciuta come più importante della Capitale, tanto da farla essere scelta dalla Zecca dello Stato per la fornitura, l’incastonatura e la distribuzione delle monete d’oro da collezione con diamanti. Questa collaborazione raggiunse il suo apice quando la De Beers nel 1998 divenne partner con la Paolillo assieme all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato nella realizzazione del primo progetto mondiale di offerta di diamanti al pubblico. Importante notare che fu un’abile e coinvolgente presentazione della Paolillo alla De Beers a convincere la compagnia diamantifera ad investire in questo progetto, che venne ufficializzato nel 1999 con la firma avvenuta a Roma nella splendida cornice della Sala delle Bandiere in Campidoglio: tutto questo alla presenza di un “notaio” d’eccezione, il Sindaco Francesco Rutelli.
Paolo Paolillo affianca all’attività commerciale anche quella sociale di promozione e sviluppo dell’intero comparto dell’oreficeria e della gioielleria romana. Lo fa partecipando attivamente all’ARRO (Associazione Regionale Romana Orafi), di cui ricopre per anni la carica di vicepresidente per poi esserne presidente dal 2005 al 2015. Sarà lui a promuovere e realizzare i corsi di formazione e riqualificazione del comparto orafo: migliaia di ore che alzeranno la professionalità del settore. Sotto la sua presidenza vengono realizzate le prime mostre di Alta Gioielleria: nei Musei della Città Eterna, in Germania nel Museo Romano germanico di Colonia e in Cina nello spazio museale di arte contemporanea “798” di Pechino.
Negli anni ha fatto parte del consiglio di presidenza della Confcommercio di Roma, è stato consigliere della Camera di Commercio e dal sindaco Walter Veltroni è stato nominato Cavaliere del Commercio del Comune di Roma.
Il vero “servizio politico” di Paolo Paolillo è stato ben più concreto di quello che le cariche e le onorificenze possono trasmettere. La sua sensibilità è stata quella di comprendere che all’inizio del nuovo millennio il mondo della gioielleria stava vivendo una situazione di passaggio che andava al più presto riorganizzata. La figura del “gioielliere” si andava via via perdendo: fino a quel momento era stato in grado di gestire un’attività imprenditoriale complessa: disegnare, progettare, conoscere le pietre, gli artigiani, gestire l’organizzazione interna, la contabilità… ad un tratto fu chiaro che tutto questo non bastava più. Per quale motivo? Semplice, non era sufficiente organizzare a perfezione l’intera macchina produttiva. Bisognava poi vendere e questo era divenuto un problema, in quanto entrava in campo la comunicazione con tutte le spese che ne derivano. Purtroppo, il settore della gioielleria era eccessivamente frammentato e con una marginalità troppo bassa per investire in pubblicità. Fu Paolo a suggerire l’unica via per superare questo impasse: abbandonare i personalismi e promuovere il “sistema gioiello”, unendo le forze ed andando incontro al cliente finale promuovendo la qualità, l’originalità e la maestria di cui ogni singola realtà romana era stata esempio rispetto all’intera produzione mondiale. La Roma rinascimentale, quella della Chiesa e dei Papi, quella dei grandi mecenati, della politica, dell’imprenditoria, delle università e degli istituti d’arte, aveva trovato nella magistrale arte dell’Alta Gioielleria una perfetta maniera per mostrarsi e dare prova di bravura. Era arrivato il momento di farla tornare in auge.
Facciamo un passo indietro e torniamo a quello che Paolo definisce «il lavoro più bello del mondo». Vivere tra le pietre preziose, i diamanti, le perle, a contatto gomito a gomito con i maestri che interpretano mestieri d’arte affascinanti e unici, questo il compito del mercante di pietre. Ma non solo.
Il mercante è un elemento centrale, accanto a lui, dopo di lui, orafi, argentieri, incastonatori, incisori, smaltatori. Prima di lui i tagliatori, ovvero le persone che trasformano le pietre in spettacolari capolavori di luce. Ancora prima le miniere dove la scommessa, dal proprietario all’ultimo dei minatori, è quella di raccogliere dalla terra la pietra più grande, rara, preziosa.
«Era bello il rapporto con mio padre. Ogni volta che andavo con lui scoprivo che il nostro non era solamente un confronto padre-figlio, ma maestro-discepolo – racconta Paolo Paolillo – lui era un viaggiatore d’altri tempi, abituato a stare finanche un mese lontano da casa, girando l’Europa su treni interminabili, freddi in inverno e asfissianti d’estate. Poi l’aereo, per arrivare in quella che entrambi consideravamo la nostra seconda casa, dove ritrovare ogni volta dei visi familiari: l’Oriental Hotel di Bangkok, il Portopia Hotel di Kobe. Io lo seguivo e apprendevo da lui conoscenze e abilità.
Come dimenticare le cene sulla terrazza degli alberghi, commentando e ricordando i lotti di pietre che avevamo visto, discutendo sul loro valore, su quanto offrire, ragionando su ogni singola pietra, di quanto avremmo potuto alzare l’offerta. Infine faceva giorno e ritornavamo in strada, nei mercati, incontrando fornitori diventati nel tempo come dei familiari, mercanti che ancora oggi sono vivi, in questo mondo sospeso, dove il tempo scorre in maniera differente da qualsiasi altro luogo.»
Il racconto di Paolo continua. «Il risultato di tutta questa comunanza e di queste parole, è che potevamo muoverci e contrattare con i venditori qualsiasi pietra, sincronizzando le nostre azioni senza nemmeno scambiare una sola parola, alle volte senza neanche sentire la necessità di guardarci, perché l’uno sapeva quello che l’atro pensava e voleva. La più grande delle soddisfazioni è che ancora oggi queste persone, questi ambienti, questi colori, fanno parte non solamente del mio mondo, ma stanno divenendo anche quello di Andrea e di Brigida: i miei figli che da qualche anno intraprendono con me questi viaggi, percorrendo la stessa strada nel lavoro come nella vita.
Mio padre mi disse: “appena hai finito la scuola devi venire con me, la tua Università sarà in giro per il mondo. Queste cose non si insegnano in nessuna scuola o laboratorio gemmologico, sono sensibilità che si può acquisire solamente con l’esperienza negli occhi”. La mia scuola infatti è stata l’incontro con tagliatori di pietre, orafi, grandi gioiellieri, maestri nella vita e nel loro settore.»
Ma non è solamente il lavoro la forza di Paolo. La sua storia e la sua passione per il bello, lo porta ad incontrare alcuni tra i più importanti artisti e critici d’arte moderni, assieme ai quali sviluppa una personale collezione sia figurativa che astratta. Questo gli permette di sviluppare una sensibilità che lo ha portato a percepire il senso dell’armonia e delle proporzioni, che ritroviamo nei suoi ambienti di vita e di lavoro, come pure nelle creazioni della gioielleria Valadier da lui fondata e oggi perfetta manifestazione del senso armonico della sua evoluzione culturale e formativa. L’incontro con tanti artisti, il costante sforzo per carpirne la sensibilità e il linguaggio, è andato ben oltre la creazione di una “bella” collezione d’arte, ispirando i linguaggi creativi di un’Arte Orafa moderna e creativa.
Brigida Paolillo (1987) è architetto ed è nata, cresciuta e ha poi studiato per progettare. Con la sua specializzazione ha conseguito una forma mentale che le permette di realizzare un’opera architettonica, un mobile come pure un gioiello, esprimendo un potere che si acquisisce nel saper mediare tra il disegno e la sua realizzazione concreta. Oggi la sua capacità cromatica, il suo senso dell’armonia e del bello le permettono di portare tutta la sua creatività nel lavoro che predilige: disegnare gioielli impiegando le pietre più belle e inusuali, creare un contatto ideale con il cliente finale per condividere con lui idee e passione. Il suo ruolo d’elezione è senza dubbio quello della direttrice creativa, una perla perfetta nella storia della famiglia.
«Osservare dentro una pietra è ciò che di più bello si vede in natura, un universo racchiuso in pochi millimetri… Ciò che mi spinge a creare gioielli è il tentativo di esaltare questa meraviglia e di creare oggetti unici che possano divenire dei compagni fedeli nella vita di chi li sceglie»
Andrea Paolillo (1993), come Paolo, ha scelto di mettersi in gioco sin da giovanissimo, accettando la sfida di un lavoro che non si insegna ma si impara. Innamorato di questa professione, dove ha portato la sua sensibilità e la sua contemporaneità, ha iniziato a seguire il padre nei suoi innumerevoli viaggi alla ricerca delle pietre rare e preziose. Con lui prosegue e si consolida una filosofia che da sempre accompagna l’azienda e che nel tempo è stata sintetizzata con il motto: «dalla miniera al dito».
Sua una straordinaria capacità di relazione empatica, che vive nel contatto a tutti i livelli sia personali che lavorativi, frutto del suo interesse per tutto quello che scopre e che incontra.
Andrea è una pietra preziosa: è stato con cura sfaccettato, lucidato, fino a brillare di luce propria.
«Amo le pietre preziose perché le considero attraenti, energetiche e praticamente instancabili. Ma non solo. Entrare in contatto con il materiale più antico esistente, vedere quotidianamente qualcosa che può sorprenderti, provare a plasmarlo nella creazione di gioielli, tutto questo nel tempo si trasforma in un’esperienza immersiva, che coinvolge completamente ogni momento della mia giornata. Mi ritrovo a stupirmi per ogni nuova pietra, per ogni gioiello realizzato, come un bambino che ha fatto del suo gioco preferito un serio lavoro. In questo, è innegabile il fascino superiore delle pietre preziose colorate rispetto al diamante: puoi lavorare per decenni prima di incontrare il rubino che avevi sempre sognato, come pure puoi scoprire pietre delle quali neanche sapevi l’esistenza. In pratica, il mio è un lavoro che ti avvolge e ti rende partecipe dell’infinita bellezza della natura, unito all’immenso genio creativo umano. Mi piace, infine, ascoltare e confrontarmi con i clienti, trasferendo loro la nostra storia e la nostra competenza, seguendoli e rendendo affascinante ed unica l’esperienza della scelta di una pietra preziosa come la creazione di un gioiello.»
Brigida e Andrea sono imprenditori a tutto campo, il loro presente e la loro preparazione è la garanzia più importante per il futuro dell’azienda.